mercoledì 21 gennaio 2009

La ballata di Pietro Valpreda

Ancora ricordo di tutte quelle volte,
giocavamo in piazza,
tra case, palazzi,
ci amavamo in terrazza,
ci amavamo da pazzi.
Le ricordo ancora, anche oggi che sono morte...
Il mio è un vagare stanco
un camminare oltremodo ripetuto
avanti e indietro, tra il grigio bianco
né partenza né meta, luogo sparuto
Tra queste mura gialle e fracide
il mio cuore secco si doglie
le nostre vite oramai acide.
Neanche il sole il buio toglie.
Se ne parte infine la speranza
ch'io da qui già facevo dipartire
ma forse non era ancora abbastanza
ché ora qui si vuole solo far morire.
Non credo di sapere dove sono
il mio passo è monòtono e monotòno
può darsi che si tratti d'una cella;
forse è solo la pazzia delle mie cervella.
Ancora ricordo di tutte quelle volte,
giocavamo in piazza,
tra case, palazzi,
ci amavamo in terrazza,
ci amavamo da pazzi.
Le ricordo ancora, anche oggi che sono morte...
Era il dì del due volte dodici
io, ballerino, non cercavo alcun guadagno
tre giorni dopo secondo i nostri medici
io confessavo, e si ammazzava un compagno;
si parlava di bombe e della valigia mia
che qualcuno vide con me in Piazza Fontana.
"Egli è stato, era una bomba, e così sia",
dissero, a me povero figlio di puttana.
Figlio di una donna non emancipata
che si vide oppressa da secoli e signori
e anche ora ch'ha scacciati i dittatori
da un suo figlio s'è vista ripudiata.
Passano i minuti, le ore, i giorni
Qui fuori le atomiche sfumano i contorni,
ma sembra che si sia fermato il tempo
e che sussista solo il mio eterno crampo.
Ancora ricordo di tutte quelle volte,
giocavamo in piazza,
tra case, palazzi,
ci amavamo in terrazza,
ci amavamo da pazzi.
Le ricordo ancora, anche oggi che sono morte...
Madre mia, mia unica vera madre
che mi desti questa vita da pezzente
sottraendomi a famiglie borghesi e ladre
tu sola, m'hai reso pulito interiormente.
Non frignare come una vecchia, brutta,
patetica e tisica sul mio letto di morte
non recare ai miei occhi la tua faccia smorta
dal dolore che ti dà la sbarra alle mie porte.
Ascolta, tu che puoi, degl'augelli il canto
pensami quand'ero ancora ballerino
ricorda, felice, di me, di quanto
lottavo per te e per il giusto cammino
E infine possa tu morirti con me
che ti veglio accanto, da figlio
e che io possa custodire sempre te
nel mio cuore rosso vermiglio.
Ancora ricordo di tutte quelle volte,
giocavamo in piazza,
tra case, palazzi,
ci amavamo in terrazza,
ci amavamo da pazzi.
Le ricordo ancora, anche oggi che sono morte...
Nella mia lurida stanza il buio comanda.
Forse che morte già d'entrare domanda?
Cammino ancora e sbatto contro il muro
e il mio naso rotto è come il mio futuro
Provo a parlarti ancora, mia dolce amata
Non rispondi: mentre muoio te ne sei scappata
Ti prego di urlarmi ancora la tua voce
come un fiume s'urla tutto alla sua foce
Mi ricordo di quel bosco di bandiere
in cui impudichi ci siamo a lungo amati
Ora non le trovo più quelle sere...
forse terminerò qui, tra gli impiccati.
Il mio passo si rallenta di nuovo
il cammino io ancora non lo trovo.
E se esistesse solamente la menzogna,
e non libertà e verità per chi le agogna?
Ancora ricordo di tutte quelle volte,
giocavamo in piazza,
tra case, palazzi,
ci amavamo in terrazza,
ci amavamo da pazzi.
Ma tu... tu non eri reale,
mio dolce ideale...
Carlo Guassone

martedì 20 gennaio 2009

Strategia della tensione

Strategia della tensione; così voglio chiamare la demo che sto registrando, creando e lavorando con alcuni miei colleghi di scuola che si dilettano anch'essi nell'arte musicale.
Per ora non c'è altro da aggiungere.